Vite rappresentate e vite vissute.
di Pigi Mazzoli
Pubblicato in "Pride", novembre 2001

La violenza governa spesso il mondo ma se ci giriamo dall'altra parte non siamo meno colpevoli, e neppure ci eviterà di esserne le prossime vittime.

Le maniere forti non creano giustizia ma servono per occultare i soprusi.



Chi mi legge normalmente sa che non faccio mistero delle cose mie più personali, al limite dell'indelicatezza nei confronti di chi mi vive vicino o di chi mi ha frequentato (e me ne scuso, li ho immolati alla causa senza chiedere loro il consenso). Ma più di una volta ho cercato di spiegare che scopo abbia tutto questo. Che io dica di essere sieropositivo o che parli di dettagli intimi e apparentemente insignificanti della mia vita sessuale è sempre lo stesso motivo: sono qui per far sapere che, grande problema o piccola mania, la mia vita non è diversa da quella degli altri e neppure uguale, e che, anche quando sembra manchino i presupposti, si può essere felici. Voglio dire che non sono un esempio da seguire ma il sapere che c'è qualcuno che condivide gli stessi problemi o le stesse paure può servire ad altri. E che se parlo di sesso voglio essere più concreto delle istruzioni delle scatole di preservativi. Il titolo "A nudo" della mia rubrica mensile vuole suggerire questo. C'è in me un poco di compiacimento nel parlare anche del mio privato, non lo nego, ma scrivere con sincerità queste due pagine mi violenta un po' nell'intimo. Mi dà anche tanto perché mi costringe a riflettere a scadenze fisse (per quanto possono valere le mie riflessioni), ma a volte non ci sono le condizioni...

Il mese scorso ero a letto con una flebite ed ero forzatamente teledipendente. Stavo scrivendo del telefilm "Ellen", della coppia lesbica senza diritti civili in "ER", di innocenti telefilm colmi zeppi di omicidi e sangue... quando è successo il fattaccio (come chiamarlo?) delle Torri gemelle. Le timidezze di Ellen, il politicamente corretto di "ER", tutto mi è sembrato svuotato di significato. Mi sono domandato se fosse il caso di scrivere del fattaccio, se ne avessi io i titoli, essendo ancora in tempo con la consegna. Incollato alla tivù sentivo montare in me la rabbia per quello che veniva detto. Poco senso della misura né senso delle cose. A giornalisti che imbastivano trasmissioni puntando in alto sul numero delle vittime ("Sono 20.000! no, sono 50.000!") si accompagnavano le immagini della morte ritrasmesse mille volte senza pudore. Da una parte i soliti gridi di guerra ("Dobbiamo vendicare!") dall'altra la solita caccia alle streghe, questa volta islamiche. E così mentre lo spettacolo della violenza veniva montato a neve, io pensavo ai miei fratelloni di tutto il mondo. Al mio amico egiziano che forse non potrà più facilmente andare in giro per gli States rincorrendo i suoi orsi americani, ai miei amici che forse rischieranno di più andando nei paesi islamici in vacanza di piacere (è il caso di dirlo), a tutti quelli di tutto il mondo che solo con internet sono riusciti a sfuggire dall'isolamento che l'omofobia li avrebbe costretti (i terroristi comunicavano con e-mail, quindi bisogna chiudere internet, è stato anche detto), ai mille problemi di lavoro precario e di cercare casa di tanti miei amici che, dalla crisi che ne scaturirà, potrebbero vedere andare a rotoli i loro progetti e la loro tranquillità.

I miei sono piccoli pensieri, ho preferito lasciare spazio a chi avrebbe saputo essere più utile di me. Ho fatto bene, e ho fatto anch'io il lettore, godendomi gli articoli di Dall'Orto e Golinelli.
Fra le cose di cui volevo parlare c'erano anche i gay in mostra nella gabbia del tribunale egiziano dati in pasto a tutte le televisioni del mondo, ma anche di questo ha parlato meglio di me Rossi Barilli nei suoi resoconti sul mondo islamico.

Di cos'altro volevo parlare? Della campagna anti AIDS sulle reti francesi. Prima serata, due ragazzi (avete capito bene, due maschi, non un maschio e una femmina) che imbastiscono una scenetta mostrando bene in primo piano i preservativi. D'altronde loro hanno il Pacs mentre noi abbiamo destra e Lega al governo che fanno a gara per tutelare le vere famiglie, dove per vere gli uni intendono sposate e gli altri prolifiche. A quando delle multe per le donne sterili? A quando il divieto di matrimonio, perché inutile, alle donne in menopausa? Che logica perversa rincorrono? Dove arriveranno?
Al TG3, nel dare la notizia che Elton John vuole sposare il suo compagno affinché non gli venga tassata la futura eredità, commentano (cito a memoria) "che il cantante nel non voler pagare le tasse dimostra di non avere senso civico e che preferisce che il suo amico spenda tutti i soldi in vestiti come ha sempre fatto lui". Il fatto che gli eterosessuali non paghino tasse di successione in Inghilterra non suscita loro nessun dubbio etico. Del dato che Elton John abbia donato miliardi alla ricerca contro l'AIDS nessuna traccia. Se questo è giornalismo di sinistra chi altri ci capirà?

Io sono sempre stato personalmente molto dubbioso sulle unioni civili. Mentre sono assolutamente certo della loro necessità rispetto all'assistenza in malattia e per le tutele economiche in caso di morte, sono dubbioso sul fatto che l'unione monogama sia la sola forma da tutelare. Perché non si è considerati coppia se non si coabita? Perché la poligamia non dovrebbe essere contemplata? Non possiamo essere ridotti a coppie, come animali in una stessa gabbia, sappiamo costrure le nostre vite seguendo vie non ancora codificate dalla morale eterosessuale. Oppure codificate come peccaminose dalle morali religiose. Ma se ancora molti osteggiano le unioni civili mi immagino cosa penserebbero di rapporti molto più complessi. Accontentiamoci. O invece discutiamone senza dividerci in zoccole e sognatori.

Nel frattempo la pubblicità passava merendine e reggiseni imbottiti. Ho visto quattro documentari sugli ippopotami e tre sui coccodrilli. Uno su una tribù che usa l'astuccio penico. Ho scoperto che la dimensione della canna dove infilano il cazzo non dipende da quello che deve contenere ma dall'ordine gerarchico all'interno della tribù. Chissà se è così anche per i reggiseni imbottiti. E tutti questi telefilm, pubblicità, documentari si sono mescolati al fattaccio delle Torri. Quasi in scala gerarchica: le edizioni speciali dei telegiornali interrompono tutto. Ma non la pubblicità, immutabile, che pare essere la cosa più importante della televisione.
Forse la tivù non è la realtà, è un posto intermedio tra noi e la vita, è una simil-vita senza i pericoli della strada, è una simil-casa senza la solitudine del nostro isolamento.
Che sia la stessa cosa per i locali gay? Che siano una rappresentazione della realtà senza pericoli, un teatro dove agire al sicuro dalle difficoltà di tutti i giorni? Che le liti fra "dark sì" e "dark no" siano la nostra giostra, la nostra fuga dalla realtà? La dark è il sesso quindi la vita e l'alcool l'autodistruzione e quindi la morte. Oppure: il sesso è il pericolo (la sfida al rischio AIDS) e quindi la morte e l'alcool è l'allegria e quindi la socializzzione e la vita. E che discutendo di questo non si guardi più fuori, nella strada.
Che sia per questo che un "gay pride festa" funziona e un "gay pride lotta contro l'esterno" non se lo è mai filato quasi nessuno? "La tivù non è il massimo ma pensa alla noia di quando non c'era" sta a "Per cosa dovrei lottare? Ho già tutto quello che mi serve". Con il governo alle destre c'era una nuova spinta nelle lotte per i nostri diritti, con la crisi post-torri-laden-guerra-recessione dobbiamo ringraziare di avere i nostri locali senza bombe e di pagare l'affitto di casa a fine mese.

Finalmente la mia flebite è guarita, non vedo l'ora di uscire e abbandonare quel rettangolo luminoso, quella scatola rumorosa che ha coperto le voci che venivano dalla strada. Ci vediamo il mese prossimo. Augurandoci che niente sia peggiorato ma che le crisi portino ad una riflessione più profonda sul perché delle cose, e che si smetta di approfittare della propria forza per violentare la gente. Ovunque essa sia.