Non tutto il mondo è paese.
di Pigi Mazzoli
pigi.mazzoli@libero.it
(pubblicato in "Pride", maggio 2005)

Cosa credete? Che una connessione adsl sia un giocattolo che si butta via presto? Come ho detto il mese scorso, questo collegamento quasi istantaneo con la rete mondiale, è davvero sorprendente. Ora ho trovato un nuovo modo di navigare, digito nei motori di ricerca dei nomi personali a caso, in tutte le lingue. Escono fuori pagine e pagine di fotografie di fatti di tutti i giorni, di persone le più diverse. Matrimoni, nascite, vacanze, feste, scuole, sport, amore. Di pagine gay escono più categorie: i vari gay pride nel mondo; feste a tema (orsi, leather, discoteche); pagine personali, metà delle quali riguardano coppie; pagine di prevenzione sull’AIDS.
Prima considerazione.
Per quanto mi sia dato da fare, immettendo criteri di ricerca i più casuali possibili, non ho trovato molto dal mondo islamico, se non i racconti fotografici di viaggio dei tanti turisti occidantali. Ma niente di gay, assolutamente nulla.
Seconda considerazione.
Adesso riesco ad immaginare come si divertono, si innamorano, si ubriacano in tutta Europa, anche dell’est, in Giappone, nelle due Americhe. Ma gente di colore quasi nulla. Solo nelle pagine sullo sport. I gay di colore sono solo nelle pagine pornografiche. Che sia che negli USA oltre ad essere minoranza appartengano soprattutto a classi sociali che non si possono permettere l’accesso alla rete? O che questo appartenga ad una certa cultura che non ama mescolarsi? Non mi stupisce il fatto che chi si descrive sia nella fascia di età circa fra i 15 e i 60 anni, ma questo è intriseco del mezzo.
Soprattutto quelle che mi hanno fatto pindaricamente viaggiare di più sono le pagine personali dei gay statunitensi. Ci sono pagine di gay dichiarati europei (ma non dell’est) e del sud America, anche molto esplicite sulla sessualità, ma individuali, cioè di persone che parlano di loro stessi, anche intimamente, poco del lavoro, quasi niente dei fidanzati. Quelle degli americani, al contrario, sono spaccati di vita completi. Ti fanno vedere la famiglia, il fidanzato, gli amici, il cane, l’auto, il lavoro, i colleghi, tutti i posti dove sono stati e anche dove hanno fatto la guerra. Ti sembra di essere vissuto un po’ con loro. Se si presta attenzione si riesce anche a ricostruire un po’ di storia, ad esempio si scopre con chi erano fidanzati prima e se sono rimasti amici, qual’è il nuovo fidanzato dell’ex fidanzato e se ha portato altri amici nella compagnia. Vissuti personali che riescono a trasmettere sentimenti.
Solo nelle pagine di gay degli USA, della Germania e del Regno Unito, talvolta, rarissime volte, si legge una dichiarazione di sieropositività.
E forse, suppongo, accade perché l’essere sieropositivi è ritenuto un dato personale, più personale anche delle notizie sulla sessualità, come per tutte le malattie. Ricordo annunci personali di riviste statunitensi di una decina d’anni fa, dove tutti indicavano nome, età, colore, peso, altezza, fumatore o no, droghe o no, alcool o no, hiv o no. Se ora non è indicata la sieropositività suppongo sia frutto di una normalizzazione avvenuta con gli anni e non indice di una rimozione, mi auguro.
Insomma, basta digitare “gay” su Altavista o Google e si gira tutto il mondo, o quasi. Infatti, pochissime pagine italiane. Forse lo diamo per scontato, ma sulle pagine di gay italiani si parla di vacanze, di moda, di cibo, di amici, ma poco o nulla di lavoro, famiglia, meno che meno presentarsi con nome e cognome come fanno in America, mai la frase “sono gay” o nessun altra, insomma, col termine gay.

Mentre viaggiavo in questi universi lontani mi è arrivata la lettera di un lettore. Con un problema. Nel giro di 24 ore abbiamo esaurito la nostra corrispondenza, con molta partecipazione emotiva anche da parte mia. Dopo pochi giorni, digerita la partecipazione, ho iniziato a riflettere su queste lettere di una persona di cui non sapevo il nome, la città, solo l’età. Ma siamo in Italia e forse è normale. Un po’ di rabbia, di delusione, c’è in me per la piccola barriera lasciata, ma vi riporto questo carteggio pieno di puntini di sospensione (si pensa sempre di non riuscire a spiegare tutto quando si è in ansia), perchè penso che, forse anche per il suo anonimato, potrete più facilmente identificare i vostri comportamenti con il suo ed che evitiate così in futuro di correre i suoi stessi rischi. E vivere le sue ansie.

Ciao Pigi... dunque... sono uno di quei coglioni, come dici tu, che qualche volta non lo usa, ho 40 anni e per la seconda volta nella mia vita (almeno che io sappia chiaramente) ho avuto un rapporto non protetto con un sieropositivo che me lo ha confessato dopo... ci siamo conosciuti cinque giorni fa e per cinque giorni siamo stati sempre attaccati, devo ammettere che qualcosa avevo "nasato" ma mi dicevo "dai, non essere stupido... ti immagini?" e invece l'altro ieri sera me lo ha confessato... scoppiando in un pianto nervoso quasi subito dopo.
Non penso ci sia bisogno di dirti quale è stato il mio stato d'animo... la paura non è un concetto che mi appartiene... e poi nella mia vita sono passato spesso sul "filo"... e ho già fatto i conti con la nera "signora"... ma la rabbia sì... quella mi appartiene eccome, rabbia perchè lui è sieropositivo, rabbia perchè me lo ha detto dopo, rabbia perchè non mi ha dato il privilegio della "scelta", della possibilità di decidere se voglio o meno correre il "rischio" anche se è probabile che essendo io attivo le probabilità sono molto basse ed essendo lui sotto terapia da due anni e con una carica virale uguale a zero le possibilità sono veramente poche... ma anche queste sono solo ipotesi e la sfiga non si misura in "carica virale".
Perchè ti ho scritto!? Per sentirmi dire sicuramente "coglione usa il preservativo"... ma anche per sentire da te... quanto lui è giustificabile... quanto il suo gesto è scusabile agli occhi di un sieropositivo... e non con i miei... arrabbiato... deluso... e.. coglione.
Si è scusato dicendomi, tra le lacrime, che non sapeva come dirmelo, che non voleva probabilmente perdermi e che è "successo" così velocemente che non ha fatto in tempo ad organizzare le idee, troppo preso da me, dall'interesse per me. Io, due volte coglione, frammisto alla rabbia cerco di tirar fuori quello che avrei fatto io... ma la risposta è sempre la stessa... io non lo avrei fatto... ora il risultato tangibile di questa situazione "spiacevole" e che io passerò la prossima settimana ad aspettare che passi il periodo minimo per il manifestarsi del virus per andare a fare il test... quello che tu conosci meglio di me e di cui si hanno i risultati dopo un mese... sarà un mese di attesa... ansia... e lavoro... lavoro per ricostruire un minimo di quella fiducia che stavo incominciando a riporre nei suoi confronti... sì... perchè mi sono sentito maledettamente tradito... anche se non è esattamente quella la parola ma non ne trovo altre e non ho voglia di cercarne.
Man mano che ti scrivo... il nervosismo aumenta... forse quello di scriverti è solo un modo per esorcizzarlo... ma non funziona, comunque sia penso che basti per ora... ti ringrazio fin d'ora per il "coglione" che mi arriverà, spero presto, con la tua risposta.
Ciao pigi...

Beh, sì, coglione te lo posso anche dire. Perché ci si infetta anche con persone che sono convinte di non essere sieropositive, in quanto appena infettate a loro volta (e all'inizio l'infezione galoppa e ci si infetta ancor più facilmente).
E poi non credere che l'essere attivo diminuisca il rischio di molto, magari lo dimezza, ma in faccia al rischio o al suo doppio, o mezzo, non fa molta differenza, vero?
Ma quello che mi chiedi è rispetto al giudizio che io posso avere del tuo amante. Colpevole. Colpevole per non aver fatto sesso sicuro nonostante sapesse della sua sieropositività. E poi oggigiorno nessuno rifiuta il preservativo se l'altro lo propone.
Che non dica di essre sieropositivo è nei suoi diritti, ed anche una soluzione rispetto all'irrazionale moto alla fuga che prende tutti se sanno di farlo con uno infetto. Stupidamente, ché se non lo sanno non glie ne fa un baffo e fanno sesso senza protezione, ma se lo si sa... allora neppure il preservativo protegge dalla paura per quel corpo ripieno di virus.
Quanto siamo irrazionali.
Non giustifico te che non hai fatto sesso sicuro, ma hai fatto una scelta soprattutto a tue spese (in parte poteva essere anche a spese dei tuoi futuri amanti, se lui non ti avesse avvisato, seppur in ritardo, e tu ti fossi veramente infettato).
Non giustifico lui, e neppure lo giustifica la legge perché se dovesse malauguratamente infettare qualcuno sarebbe denunciabile per lesioni.
Mi spiace, anche 20 anni fa c'erano questi problemi, cento volte più gravi, gente che ti allontanava, gente che mentiva, ma ora per uno che scappa davanti alla verità ce ne sono tre che restano, seppur rattristati, e apprezzano la sincerità tanto costosa.
Ora, le tue osservazioni rispetto alla carica virale azzerata hanno senso, per cui aspetta il fatidico mese con relativa tranquillità (anzi: rassegnazione serena) e poi vedi quale sarà il responso del laboratorio. Avvisa dell'incidente occorso così ti faranno gli esami più appropriati.
Fa tesoro della disavventura per ricordarti tutte le prossime volte di proteggerti e proteggere gli altri. E magari racconta anche a chi conosci la tua storia. I racconti in prima persona sono tanto più coinvolgenti di pagine e pagine scritte su una rivista, e magari arriveranno a qualche testa in più.
Buona fortuna, non voglio un altro che intasi il mio ospedale, siamo già troppi.
Pigi

PS
Dato che siamo a fine mese e devo consegnare l'articolo di maggio, e non ho scritto niente, posso approfittare e utilizzare la tua lettera come spunto? Ovviamente ometterò l'indirizzo e-mail. Mi pare che non ci siano elementi particolari da omettere per garantirti l'anonimato...
Grazie


Grazie Pigi... sia per i tempi che chiaramente per la risposta...
non nego che oggi ho sbirciato più volte nella posta per vedere se mi avevi risposto.
Mi hai risposto come mi aspettavo e come penso avrebbero risposto gran parte delle persone a cui si sottopone un quesito del genere... mio malgrado e malgrado l'ascendente che lui ha su di me ho quasi deciso di "condannare" la sua negazione della mia percentuale di scelta, come ho già detto a lui qui non si tratta di non lasciare all'altro la possibilità di scegliere tra panino al salame o con formaggio, vacanze al mare o in montagna, depilarsi o meno, ma si tratta di ben altro purtroppo.
Con tutta la comprensione possibile ed immaginabile per un "fardello" del genere non riesco a "scusare" questa "leggerezza", la paura di perdermi non può giustificare il rischio che corre e sopratutto corro di condannarmi... di conseguenza penso proprio che questa volta non concederò appello.
Grazie ancora Pigi... se ti fa piacere ti terrò informato sugli sviluppi...

P.S. : Pubblica pure la mia lettera (omettendo l'indirizzo e-mail e il nomignolo "...", me lo porto dietro da ragazzo) anche se non credo riuscirà a trasmettere la delusione e la rabbia di questi momenti...
Grazie

Caro ... ,
calmo, ho detto che è colpevole, ma credo anche che la pena inflittagli con la mia condanna l'abbia già scontata, appunto dicendotelo. Alcuni lo dicono al fidanzato solo dopo alcuni mesi, altri solo dal letto d'ospedale. Cinque giorni mi sembrano pochissimi, gli devi piacere molto.
Gli sarà costato molto dirtelo, abbandonare ora mi sembra un danno supplementare per entrambi. Rifletti prima di prendere decisioni.
Poi tu non pensi che avrebbe un motivo in più, la prossima volta, col prossimo amante, per non dire nulla, mai?
Fammi sapere...
Pigi

Cari lettori, io penso a quel pianto dirotto dopo la confessione. Sta a tutti noi permettere a tutti di essere sinceri sempre, per qualsiasi cosa.