Orgoglio e libertà.
di Pigi Mazzoli
Pubblicato in "Pride", maggio 2001

Chi ci vorrebbe vergognosi e nascosti chiama ostentazione il nostro diritto di vivere alla luce del sole.

Di fronte al ritorno degli integralismi religiosi, la scelta di rendersi visibili è la strada faticosa da percorrere per non essere ricacciati nel disprezzo e nella condanna. Ma che riserva anche molti vantaggi in termini di qualità della vita.

Il nostro orgoglio non è superbia ma soddisfazione di se stessi.

Ho conosciuto due gay che si erano sposati, per copertura reciproca, con due lesbiche. Abitavano in due appartamenti segretamente comunicanti e organizzavano le ferie nelle stesse date, uscendo dalle case ufficiali separatamente e riformando le vere coppie solo all'aeroporto. Credevo fosse un caso limite ma ho saputo di molte storie simili. Questa è una loro scelta faticosissima che io non riesco a comprendere ma che rispetto.
Ci sono molti più gay che si sposano con ignare donne e generano ignari figli. Inventano per tutta la vita inesistenti trasferte di lavoro ed inesistenti visite mediche in città lontane. So anche di coppie gay, entrambi sposati a donne ignare, che hanno forzatamente reso amiche le due famiglie per poter lasciare mogli e figli ed andare "a pescare", oppure "allo stadio" (e invece andare a scopare nascosti da qualche parte). Sento disagio di fronte a questo, non trovo giusto imbrogliare il prossimo. I gay velati sono quelli più esposti ai ricatti, ma anche nella vita di tutti i giorni devono censurare i loro sentimenti sperando di non essere individuati. Talvolta è solo una scorciatoia verso una vita grigia.
Quando a quattordici anni io ho scoperto di essere omosessuale ho scelto di non nascondere nulla. Non mi ha spinto nessun calcolo, mi sono comportato come mio solito. A trent'anni di distanza me ne rallegro ancora. Mi spiace che la procreazione non possa avvenire all'interno della mia coppia ma non invidio quelle coppie che hanno nella procreazione l'unico motivo di esistere. Sono stato osteggiato da qualcuno nell'ambiente di scuola, prima, e di lavoro, dopo, ma non ne ho fatto un dramma, ho cercato in ogni caso di portare informazione a queste persone perché potessero rivedere le loro posizione, e talvolta ciò è successo. Questa è la mia normalità.
Molti altri omosessuali mi hanno accusato, e ancora mi accusano, di sbandierare oscenamente ai quattro venti la mia gaiezza. Osservano che "nessuno ti chiede mai se sei etero o gay, quindi il silenzio è la scelta giusta e rispettosa degli altri", io obbietto che "sempre presuppongono che tutti siano eterosessuali, tacendo non farei altro che mentire". Ma questi sono discorsi che avrete senz'altro già sentito.
Ci sono motivi, per chi sta in questo limbo del non espresso, di uscire allo scoperto e dichiararsi?
Secondo me ce ne sono tanti. Di due ordini: personali e di impegno sociale.
Essere se stessi, vivere in modo completo le proprie scelte, le proprie ambizioni. Liberi da sotterfugi e ricatti. Vivere un rapporto d'amore integrato con gli altri e non dovendo nasconderlo a tutti. Fare cultura senza censure e portare noi stessi e la nostra esperienza come mattone alla crescita della società in cui viviamo. Ho detto poco?
Quella che per alcuni è "ostentazione della diversità" è in realtà un'autodifesa dalla loro reprimenda: finché saremo per loro peccatori che devono chiedere scusa per una colpa, noi dovremo, ancora più orgogliosi, mostrare la nostra onestà, il nostro equilibrio. Ci accettano solo se siamo infelici, convinti d'essere in difetto, ad elemosinare un briciolo di tolleranza per i nostri amori di serie B. Come le donne che si meritano lo stupro per aver indossato una minigonna noi meritiamo l'AIDS per essere dei viziosi e una squadra di fascisti che ci picchia manifesta solo lo schifo che la nostra degenerazione provoca in loro, nei loro sani principii morali, nella sacralità del loro ordine naturale. Piccoli Hitler che vorrebbero ancora bruciarci nel rogo purificatore.
Si deve dire basta a tutto questo. Noi siamo ancora in tempo per farlo. Ma se restiamo nell'oscurità a cui ci vorrebbero relegare (il riserbo!), a poco a poco caleremmo ancora le nostre vite nell'illiceità. Siamo una minoranza e dobbiamo lottare per farci rispettare. Le nostre armi sono le nostre vite felici.
Orgogliosi di che? Della nostra onestà, della nostra felicità, della nostra bontà, della nostra intelligenza. Onestà, felicità, bontà, intelligenza sono cose normali? Non siamo mai stati noi a dire che siamo gli anormali, i viziosi, i peccatori, gli adescatori. Sono stati quelli che non ci conoscono, che credono invece di sapere come siamo fatti. Ma se non ci facciamo vedere come potranno mai conoscerci? Se ci vergognamo avranno ragione loro a volerci ricacciare nel "torbido mondo degli invertiti".
I moralisti sono anche tra di noi: gay che chiedono la chiusura delle darkroom in nome di una sessualità più elevata. Ma chi ha detto che si debba seguire l'insegnamento della chiesa? Fortuna nostra viviamo in uno stato democratico e laico, in cui ognuno dovrebbe avere la possibilità di vivere alla luce del sole. Soprattutto noi dovremmo aver capito che non ci sono modelli da imporre.
Io non voglio omologarmi alla coppia eterosessuale, nessuno ha il diritto di chiedermi di comportarmi "bene". Soprattutto quando dovesse farlo uno perché lui vive con senso di colpa la sua omosessualità. Studiamo quanto i gay nella storia hanno lottato e hanno creato. Mimetizzarsi per non essere colpiti ha solo permesso vite monche.
Vi ammannisco la solita storiellina autobiografica. Anni fa vinsi coi Baci Perugina una crociera per due persone, poca roba, solo tre giorni. Portai con me il mio amico Diego, uno stangone di due metri. Arrivammo al porto di Genova e ci mettemmo nella fila speciale delle coppiette vincitrici. Ci guardavano tutti increduli. Due uomini barbuti, più di duecento chili di carne, per nulla leziosi. Come descrivere il nostro divertimento davanti al loro stupore? Una vacanza meravigliosa. Alla faccia della coppia etero che si bacia sulla scatola. Noi eravamo due gay visibili, senza vergogna, con una punta d'orgoglio, a rivendicare le frasi di Walt Whitman, di Sandro Penna, di Costantino Kavafis, di Catullo, di William Shakespeare, di Oscar Wilde che loro hanno usurpato in quei cioccolatini per dare voce ai loro amori cosiddetti normali.
Liberi di esistere, chiediamo troppo?