Mano nella mano.
di Pigi Mazzoli
(pubblicato in "Pride", gennaio 2005)

Milano, ottobre 2004. Due ragazzi camminano nella notte mano nella mano. vengono aggrediti e malmenati al grido di “froci, culattoni”. Io ho appreso la notizia tramite e-mail. Quella in cui si annunciava una manifestazione nello stesso luogo alla stessa ora, giorni dopo, tutti mano nella mano. Un gesto, quello che ha scatenato la violenza, che non può definirsi osceno, mai, in nessun modo. Ma che, quando fatto tra due uomini, può scatenare pulsioni represse, odio e violenza in alcuni, tenerezza in altri.
Ma nella provicia trevigiana dove vive Franco, il mio fidanzato, la notizia è arrivata con la televisione. Il fatto è che Franco viene a Milano da me tutti i venerdì e riparte tutte le domeniche. La sua mamma si è preoccupata e gli ha detto che quando siamo a Milano non dobbiamo uscire per strada. Al di là dell’ingenuità della sua paura, e della genuinità dei suoi sentimenti, mi ha colpito scoprire le sue fantasie.
Il fatto è che io a volte mi domando cosa, i nostri genitori, immaginano che facciamo noi nell’intimità, o anche solo quando loro non ci vedono. Il fatto è che per la nostra cultura occidentale il sesso è farcito di tabù. Non solo nella nostra società, in effetti, ogni mondo ha i suoi tabù, non solo nel sesso ma in tutti gli aspetti della vita, fino alla morte. Solitamente noi riuniamo tutte queste paure, questi divieti, sotto diverse definizioni, come buone maniere, buona educazione, buon gusto, eleganza, riservatezza, discrezione, legge della natura, e ci fermiamo per non andare oltre.
Vivendo in questa società, io, voi, tutti, ognuno di noi ha un po’ di questi tabù, quasi inconsapevolmente accettati, e questi fanno parte integrante della nostra personalità. I tabù degli altri, se maggiori dei nostri, possono sembrarci limitanti delle nostre libertà. Se minori dei nostri ci sembreranno, quelle persone, troppo libere, troppo maleducate, oscene, contro natura, e ci fermiamo ancora per non andare oltre.
Ma torniamo al pensiero dell’inizio, cosa si immaginano di noi i nostri genitori, fratelli, zii, cugini, nonni? Mia madre si sarà mai domandata cosa io e Franco facciamo a letto? Sarà scesa, o salita, fino ai dettagli? Di preservativi usati ne trova in quantità nel cestino, ma elegantemente non ne fa cenno alcuno. Una volta voleva che mettessi via la frusta di cuoio che sta appesa alla maniglia della mia finestra, ma le ho detto che la consideravo un oggetto divertente, la frusta è rimasta al suo posto e non ne abbiamo più parlato. Magari ogni tanto le verrà in mente e cercherà qualche segno sulla nostra pelle (ma non ne troverà!).
La mamma di Franco ci immagina in giro per Milano mano nella mano. E questo è vero. Andiamo spesso mano nella mano in giro per la città. Ci piace davvero tanto. Personalmente mi diverte anche molto perchè spesso le reazioni negative di alcuni sono davvero spassose. Quel loro cercare di comunicare, solo attraverso la mimica facciale, disapprovazione, li rende buffi e smorza il dispiacere, nostro, del conoscere la loro ostilità e disapprovazione. Fra me e Franco ci sono venti anni di differenza, e si vede. Credo che spesso ci scambino per padre e figlio. Se ci teniamo per mano, no, non possono avere quell’impressione, e si fanno domande. Forse è un piccolo esibizionismo, una violenza che facciamo agli altri (beneducati, il sesso si fa ma non si dice). Sicuramente è orgoglio gay. Ma anche orgoglio di essere innamorati. Tutti gli innamorati sono orgogliosi, ma noi omosessuali a volte dobbiamo nascondere, o non abbiamo il coraggio di dire, di mostrare. Noi mostriamo anche per loro. Rivendichiamo anche per loro il diritto a non nasconderci. Non mi interessa più di essere elegante, a modo, discreto, ben accetto. Mi va bene di rompere un po’ i coglioni e di vedere le loro smorfie mimare la condanna. Che gli scoppi il fegato se non sanno amare quanto noi sappiamo amare (a noi fa piacere vedere anche una coppia eterosessuale innamorata, perchè questi invece non ci amano pur nella nostra differenza?).
Una volta mia madre, che come tutte le madri entra in camera del figlio al grido di “ordine e pulizia”, mise a posto anche gli armadi, così al ritorno trovai tutti i miei dildo ordinatamente in fila in bella vista sopra un ripiano. Da allora non li lascio più in disordine e li ripongo nel loro cassetto. Racconto sempre agli amici questo episodio con sommo divertimento per tutti. Per me il piacere è maggiore, perchè è il segno, dato che i nostri rapporti, fra me e mia madre, sono sempre ottimi, che ha accettato la mia sessualità in ogni aspetto e che quindi non devo avere l’ansia di nasconderle alcunché.
Non è solo un fatto di buona educazione. Quando ci dicono che siamo “liberi” di essere omosessuali ma che ostentare è un’altra cosa, in quel momento non si tratta più di belle maniere, si tratta direttamente di repressione. Dare scandalo è il confine fra quello che è ritenuto moralmente lecito e quello che è ritenuto moralmente riprovevole. Moralmente, non legalmente. Non crediate che se avessero un briciolo di legge per condannarci qualcuno non approfitterebbe e ci farebbe davvero condannare, anche per quello che comunque non vede ma che suppone, che sa che facciamo, di cui cercherà le prove. Negli Stati Uniti d’America, in alcuni stati, ci sono ancora leggi che puniscono gli atti omosessuali avvenuti in privato. Anche in alcune nazioni che stanno per entrare nell’Unione Europea esistono tali leggi e, fortunatamente per noi, finché non le cambiano non possono sperare di essere comunitari. Se non ci arrabbiamo ogni volta che la morale, personale di ognuno, per credo religioso o per buona educazione, pretende di essere metro assoluto del confine tra lecito e illecito, accadrà che “contro natura” smetterà di essere un divertente e desueto epiteto di taluni ma sarà il nostro incubo. Già ora salta fuori ogni qualvolta si parla di coppie gay. “La famiglia è nell’ordine naturale delle cose come unione finalizzata alla procreazione” e con questo ci siamo beccati un “contro natura” con maggiore eleganza. Noi, per alcuni, siamo dei viziosi che possono fare le loro cose in privato per essere tollerati.
Al diavolo la buona educazione, la discrezione. Gli si spacchi il fegato per la rabbia, ma io non mi nascondo.
L’altra sera i miei genitori sono andati al Conservatorio per un concerto. Vedendo il programma della serata ho erudito il mio babbo che quattro dei compositori, di cui stavano per ascoltare le musiche, su cinque erano gay. Visto che ama molto quella musica, che almeno un piccolo pensiero al fatto che quelle note siano scaturite da quelle menti parallelamente ad altri pensieri ben più distanti da lui, mi sembra propedeutico. Già, perché il mio babbo l’ho dovuto educare io in questi lunghi anni. Era un po’ bigotto, quando gli dissi di me mi raccomandò che non lo sapessero i parenti, senza sapere che era stato l’ultimo ad essere messo al corrente della cosa.
Adesso il punto è: come far passare alla mamma di Franco la paura che ci aggrediscano per strada? Vivere nella provincia ti fa respirare aria buona (se non ti mettono una fabbrica di diossina di fianco) ma ti fa vedere il resto del mondo sempre più distante, intangibile, fino a credere che il proprio modo di pensare sia l’unico, per cui quello giusto, l’unico giusto. Se non sono riusciti i Democratici americani ad aprire la mente dei contadini delle grandi pianure, posso io cosmopolizzare una signora del Montello? La prossima volta che andrò ospite da loro, cosa potrò fare? Mescolare modi squisiti e affettività palese verso il loro figliolo affinché una cosa gli faccia apprezzare l’altra? Stordirli con la mia pesante cucina lombardo-romagnola-toscana per poi impunemente addormentarmi, nell’abiocco postprandiale, abbracciato sul divano del salotto buono al mio adorato Franco?
Sto scherzando, ovviamente. Finché l’unica proccupazione di sua madre sarà quella che ci possano aggredire, siamo quasi salvi, va bene così. Lei non sa che noi due, rispetto ad altri, abbiamo un aspetto sufficientemente forte e aggressivo da sviare aggressioni.
Certo, se proprio cercano un capro espiatorio per le loro frustazioni, ad un banda di teppisti andiamo bene anche noi. Come successe ad una coppia di amici miei, due metri ciascuno di altezza, aggrediti a Roma da una banda di teppisti di destra, quando stavano tornando in albergo dopo un gay pride. Essere un branco aiuta molti animali a vincere nella lotta per la sopravvivenza, ma non è un consiglio gradevole da dare ad una persona. O per lo meno bisogna spiegarne il senso. Non intendo dire di dover essere sempre in gruppi numerosi ad aggirarsi per la città, ma essere numerosi, visibili nella società.
Sì, a volte mi sento una bestia rara. Fastidiosa sensazione. Agli avvenimenti culturali gay vedevo sempre le solite facce, tutti amici, ci conoscevamo tutti. Anche ai primi gay pride. Tutti ci domandavamo dove fossero gli altri, i più di noi, nascosti forse nella loro buona educazione di non dare scandalo. O forse invece nascosti per la paura di essere aggrediti, esclusi da quelli che si sentono “secondo natura”. Poi sono venute le grandi, numerose discoteche e saune, piene di gente sconosciuta, seppur nascosta in un àmbito privato. Poi i grandi gay pride, pubblici, seppur con la protezione della massa di uguali (la protezione del branco, questa volta intesa in modo letterale). Se poi il tuo datore di lavoro ti riconosce su un giornale perché ti sei fatto fotografare durante il gay pride e ti licenzia, pochi ti difenderanno. Forse penseranno che un po’ è stata colpa tua, che non sei stato dicreto, ben educato. Come le donne che hanno subìto violenza sessuale ed erano vestite da “donna”, non da signora elegante, non come una di quelle che stanno entrando in chiesa per la novena. Un po’ se lo sono meritate, con quella gonna un po’ troppo corta, quella maglietta un po’ troppo attillata, quei seni un po’ troppo provocanti, un po’ se la sono cercata. Anche noi forse meritiamo di essere picchiati per strada dal primo teppista che passa, non abbiamo avuto il buon gusto di tenere intimo, nascosto, il nostro sentire, il nostro voler bene ad uno del nostro stesso sesso, un po’ ce la siamo cercata, che diamine, andare di notte mano nella mano, è molto contro natura. Andiamo a far la guerra, ad uccidere un po’ di persone, se vogliamo essere eroi in questa società. Oppure cerchiamo di cambiarla almeno un poco, tenendoci mano nella mano, e rischiando la nostra incolumità. Fisica e di bon ton.