1° dicembre, giornata mondiale della solidarietà per i sieropositivi.
di Pigi Mazzoli
(pubblicato in "Pride", dicembre 2004)

Coll’arrivo, come ogni anno, del 1° dicembre ci si ferma un poco a riflettere sulla malattia. Lo si può fare con tanto cuore e con tanto cervello. Sta sparendo l’approccio moralista all’infezione (non per Bush). Cerchiamo di far sparire il moralismo anche da tante altre cose che ci riguardano.


L’articolo del mese scorso sugli orsi mi ha fruttato due simpatici inviti.
Il primo, un doppio invito, da Gigione, presidente del Magnum Club, per le loro feste di beneficenza. Una al Trap di Brescia sabato 4 dicembre, dove verranno devolute le somme raccolte in un intero anno ad una associazione di Brescia per bambini sieropositivi. L’altra sarà domenica, 5 dicembre, al One Way di Sesto San Giovanni, dove si inizia alle 20 con un buffet, per poi continuare con uno spettacolo interpretato da soci del club. La cosa simpatica è che per una sera il One Way sarà aperto a tutti, donne comprese. Parte dell’incasso, e della vendita dei gadget, sarà sempre devoluto alla stessa associazione “Essere bambino”. Mi ha anche chiesto di partecpare allo spettacolo, ma mi ci vedete, con 118 chili addosso, travestirmi e ballare durante un playback? Loro lo fanno, andrò ad applaudirli.
Gigione ha un rapporto molto sentito con l’HIV, ha seguito e aiutato più di un amico durante la malattia, accompagnandoli e sostenendoli fino alla morte. Quando parla di queste storie trasmette serenità e non tristezza, è importante sapere che non tutti scappano davanti alla malattia. E il suo impegno per i sieropositivi lo mette anche nel club che presiede.

Il secondo invito mi è giunto da Roma. Mi ha scritto Francesco, warbear, invitandomi come testimone alla loro serata di beneficenza, di mercoledì 1° dicembre, BEARS 4 POSITIVES. Ho apprezzato molto le parole che ha usato per invitarmi, spiegandomi l’approccio non pietistico che li muove. Che Francesco fosse verboso ve lo avevo già anticipato il mese scorso, ma quello che dice è profondo e utile, per cui vi riporto uno stralcio della sua lettera dove parla delle motivazioni della festa:
“L'emarginazione delle persone portatrici di ciò che viene inteso nella cultura occidentale come "malattia", qualsiasi essa sia, e "malato" in tutte le sue accezioni morali, politiche ed economiche, quindi speculative, va decostruito. Non si tratta solo di accettazione del diverso che, di per sé riporta all'idea della ratificazione del potere del normale e del sostegno della norma, quanto anche di una critica radicale ai suoi meccanismi di speculazione. Il piano di azione è quindi molteplice , da una parte una rivendicazione del diritto alla diversità anche in chiave patologica ridefinendo il concetto di sanità e dall'altra la critica ai processi di speculazione farmaceutica multinazionale sul dolore e sulla morte”.
Grazie anche a loro per quanto fanno per sensibilizzare non solo sulla prevenzione ma anche per l’integrazione dei sieropositivi e per una visione diversa della malattia.

Il mese scorso, sempre parlando di orsi, ho cercato di portare anche punti di vista diversi su quello che significa “il mondo bear” per persone e associazioni diverse. Con molti rimandi a pagine in rete, per questioni di brevità. Di queste semplificazioni ha sofferto un nostro lettore, Cristian, che ha scritto risentito per avere io perpetrato gli stereotipi estetici (bear, chaser, dad...) pur dopo aver spiegato che il movimento bear nasce da una rivolta verso gli stereotipi (giovane, biondo, muscoloso...).
Riporto alcuni brani del lettore:
“...Mi sono sempre chiesto il perchè di simili classificazioni poichè già cerchiamo di evitare classificazioni, più generali, che come etichette ci portiamo assieme ai nostri abiti e che per quanto mi riguarda sono scomode. (...)
Io credo, come anche lei stesso dice, che l'emancipazione dei movimenti 'orsi' gay sia stata una specie di risposta in un ottica di rivalsa, contrapposto ai modelli estetici in voga.
Devo pero' aggiungere che io, essendo amante degli 'orsi', non ho avuto piacere nel vedere gli sviluppi emancipatori. Questo perchè il suo fine è solo mettersi in risalto, sia pure per un difetto, e nient'altro. Io continuo ad essere attratto dal tipo robusto non tanto per la pubblicità fattasi ma perchè è mia indole esserlo. (...)
Perchè creare un ghetto in un altro ghetto? Non nego l'utilità, perchè mi fa piacere andare ai Bear pub e essere certo di incontrare un tipo in carne, ma non approvo il seminato che li ha portati lì.
Mi riferisco allo stile di vita che da tanta pubblicità ed egocentrismo puo' scaturire.
L'estetica è importante, sono il primo a dirlo, così facendo però è tutto cio che rimane di una PERSONA. Il pensiero prevalente tra i sostenitori di questo stile di vita e che devono necessariamente piacere ai cacciatori in quanto 'orsi'. Ne consegue che si sentono considerati in quanto carne e non in quanto PERSONE. Ne consegue che sono realmente considerati 'grasso' e non PERSONE. Ne consegue che tutti i 'cacciatori' sono uguali e solo differenti esteticamente. Ne consegue che tutti gli 'orsi' sono uguali ed esteticamente simili. L'equazione non ha un risultato sano, a mio avviso. Ogni PERSONA è unica e irripetibile, e come si può pensare di essere considerati uguali da attributi fisici?
Quello tento di dire è che questo mondo, visto da questi occhi, non è sano”.
Verissimo quello che dice Cristian: quando l’apprezzamento delle doti fisiche va a scapito dell’apprezzamento delle persone nella loro completezza è giusto ribellarsi. Ma quando noi parliamo di estetica lo facciamo perché anche l’estetica di una persona è importante. Ed allora sono necessari, per la comunicazione, anche dei termini descrittivi. Sia perchè non sempre ci si può incontrare di persona, ci affidiamo a volte ad internet per cercare qualcuno, oppure vogliamo scegliere un locale per la serata frequentato da persone con certe caratteristiche. Ma anche perché delle nostre emozioni e dei nostri desideri ne facciamo anche argomento di discussione e dialogo, e dei termini univoci, seppur approssimativi, sono necessari.
Poi il lettore, che ringrazio per le riflessioni e gli spunti che mi fornisce, parla dei rapporti “padre e figlio”:
“Lei ha parlato anche di modelli. Mi soffermerò sui 'son and dad'. La Gerontofilia credo sia riferita al rapporto affettivo/sessuale tra un individuo anziano e uno giovane. La patologia in questo caso appartiene al giovane. Son and dad si riferisce ad adulto (ai non piu' giovani sui quaranta, cinquant'anni) e giovane, e non mi sembra giusto attribuire a questo modello il termine Gerontofilia in tono autodescrittivo: così come lei sostiene nel suo articolo a pagina trentacinque di Pride Ottobre 2004. Magari sarebbe stato giusto se si fosse trattato del modello 'granfather and grandson'!... se proprio di modelli è utile parlare. La patologia in questione contiene aspetti riscontrabili anche tra coetani, potrebbe obiettare, ma non credo che questo sia stato tenuto in considerazione nella sua esposizione che sembra essere cosi' rigida...”
Al di là del dispiacere di essergli sembrato rigido nell’etichettare modelli estetici e dinamiche di coppia, voglio questa volta io tirare le orecchie al nostro lettore per l’uso che fa del termine “patologia”, credo usata nel senso di “insieme di condizioni anomale nel funzionamento di un organismo o di un ente” se non proprio nel suo significato di malattia. Fra tutte le difficoltà a creare etichette, quella maggiore si ha proprio quando si cerca di catalogare i rapporti interpersonali. Questa smania descrittiva talvolta è necessaria, ma avendo sempre presente i limiti di una tale operazione. La gerontofilia come l’omosessualità non sono più considerate malattie, ma i termini ci tornano utili nell’uso per descrivere sommariamente i nostri comportamenti. Non è necessario che all’interno della coppia ci sia la differenza di età che corre tra un nonno e un nipote, per sentirsi gerontofili basta molto di meno di un dato anagrafico ma molto di più in termini di accettazione della maturità, e del decadimento, del corpo e della mente della persona oggetto del nostro desiderio.
Ed è forse meglio usare di più la parola “gerontofilo” piuttosto che le sue parafrasi più eleganti e accattivanti, proprio per sminuire il suo originario contenuto patologico. Usarla come anche usiamo “frocio” e “finocchio” per svuotarla di potere di offesa, usarla come anche usiamo “omosessuale” per togliergli il significato di giudizio morale.

A proposito di giudizi morali. Ho assistito alla proiezione del film “La mala educaciòn”, l’ultimo film di Almodòvar. Ovviamente molto bello, molto profondo, molto coraggioso, molto sconvolgente. Ecco il punto: ci sono delle scene di sesso, caste dal punto di vista di centimetri di epidermide esposta, ma che per la loro crudezza e sincerità sono un vero capolavoro di introspezione del regista su quello che è il desiderio carnale. Dato che, fino ad oggi, ho portato mia madre a vedere tutti i film del regista spagnolo, mi sono immaginato questa povera donna seduta nel buio della sala ad assistere ad una rappresentazione tanto vera (seppur nella finzione scenica) di rapporti sessuali che ascriverebbe comunque a me e al mio Franco. Grande imbarazzo, ho deciso di non portarla. Poi l’altro giorno ho ricevuto la lettera della nostra lettrice con la quale, il mese scorso, mi scusavo per il linguaggio e gli argomenti, non troppo eleganti, a cui la sottoponevo con i miei articoli su Pride.
Mi scrive: “Uno dei motivi per cui La ammiro e La stimo così tanto è proprio il Suo coraggio di scrivere su argomenti considerati "sconvenienti", o "imbarazzanti", insomma da evitare. Facendolo, Lei aiuta chi sperimenta quelle situazioni ogni giorno dando preziose informazioni, e aiuta anche chi non le conosce ed impara ad affrontarle in modo corretto. Le ho già detto che con Lei non si finisce mai di imparare! E' bellissima la frase finale del Suo articolo, e così vera: la purezza e la santità sono solo tra i miti con cui la (mala)educazione cattolica vorrebbe plagiarci, creando in noi complessi di colpa per ogni pensiero "sporco", cioè rivolto al sesso. E poi cosa Le fa pensare che io non sia "sporcaccione" come Lei? (l'unica differenza è forse che io non pratico, essendo single, sigh!)”
Ecco, mi ha fatto capire che non devo essere io un censore, né con lei con i miei articoli , né con mia madre per il film di Almodòvar. Io non voglio censori e non devo essere il censore di nessuno.