Avevo tre anni e abitavo a Frosinone, al secondo piano di un palazzo di quattro piani costruito di recente. Ricordo che mia madre mi portava a giocare nella terrazza insieme a mio fratello. Il palazzo, naturalmente, non era provvisto di ascensore e salivamo le scale fino ad arrivare ad una porticina all'ultimo piano. C'era un lucernario con i vetri colorati. Impossibile descrivere la sensazione che provavo quando arrivavo lassù e vedevo quella vetrata. Era un misto di vertigine, di sgomento e di forte attrazione, uscire su quella terrazza mi dava una sensazione come di uscire fuori da una dimensione per entrare in un'altra, come di abbandonare la sicurezza per entrare nell'ignoto, in un mondo inesplorato che però mi metteva addosso un indescrivibile senso di angoscia, ma contemporaneamente un'inquietante euforia.
Affacciarmi da quella ringhiera mi dava un capogiro fortissimo, il senso del verticale, del vuoto, del precipitare giù.....
Un giorno un vicino che abitava al terzo piano si suicidò gettandosi dalla finestra dell'ultimo pianerottolo, proprio dirimpetto alla porta della terrazza del palazzo.
Era notte e mio fratello si svegliò udendo il terribile tonfo di quel corpo all'impatto con il terreno sottostante. Forse lo udii anch'io ma ero troppo piccola e i miei genitori non mi dissero niente. Ma tutti ne parlavano.
La moglie di quel signore, disperata gridava ai figli: -L'avete ucciso voi!-
Il motivo che lo aveva spinto a compiere quell'orribile gesto (forse i troppi debiti?) nessuno di noi lo seppe mai con certezza.
Quello che so è che da allora soffro di vertigini e che non andrei mai ad abitare in un palazzone. Infatti tutti gli appartamenti nei quali ho vissuto sono sempre stati da allora al pianterreno o al massimo al primo o al secondo piano.
Eppure il ricordo di quella terrazza non mi ha mai abbandonato ed è forse il ricordo più strano e affascinante di tutta la mia infanzia.
Ogni volta che mi capita di affacciarmi ad un balcone (per esempio,a casa di qualche amico ) o da un bastione, o da un belvedere, mi sento attirata dal vuoto, anche se mi vengono forti dolori alle gambe e un'indescrivibile sensazione di terrore.
Per quanto possa sembrare paradossale ed assurdo, in momenti come quello che sto attraversando in questo periodo, carichi di forte tensione emotiva e di profonda solitudine, in cui sempre più spesso e sempre maggiormente mi sento sola in mezzo a chi non ha voglia di sentirmi parlare e soprattutto non ha voglia di vedermi, questo ricordo mi è di grande consolazione.
A quell'epoca, infatti, non avevo ancora incominciato a detestarmi, o perlomeno, a detestare una certa parte di me stessa come invece è accaduto in seguito e, forse perchè avevo appena tre anni, era molto chiara dentro la mia testa la percezione di cosa fosse la vita e di cosa fosse la morte.
A quell'età mi spaventava molto più vivere che morire, questo lo ricordo con grande chiarezza. Oggi invece ho paura sia dell'una che dell'altra cosa.