Carne da brodo.
di Pigi Mazzoli
Pubblicato su "Pride", febbraio 2003


Di tanto in tanto, fra amici, anche su questa rivista, si accenna all'outing e al coming out. Dato che spesso si confondono i due termini (non qui, non di solito) accenno alla differenza. Coming out è l'atto volontario di uscire allo scoperto, ed a volte lo si chiama "parziale" quando riguarda solo una parte: al lavoro ma non in famiglia o viceversa. Dirlo agli amici non è proprio un gran coming out ma potrebbe essere il primo passo, le prime prove per scoprire se si è abbastanza forti per affrontare le situazioni. Molti, superata con inaspettata facilità e gioia questo primo gradino, scoprono a loro spese che dirlo in famiglia e sul lavoro a volte è peggio, a volte molto peggio. Ma non conosco nessuno, almeno personalmente, che si sia pentito del percorso fatto. Al limite molti si rammaricano di non averlo fatto prima. Al limite sarebbero stati scacciati di casa molto prima e avrebbero avuto più tempo per ricostruirsi una vita. Ma quelli negativi sono casi rari, seppur drammatici.
L'outing invece è far sapere dell'omosessualità di qualcuno, di solito riferito a personaggi noti.

Una volta per un giornale bastava avere delle prove in mano (una lettera compromettente, la testimonianza di un amante, di solito una marchetta), poi le ultime sentenze stabilivano che, pur rispondendo al vero, non era consentito portare a conoscenza del pubblico l'inclinazione sessuale di chicchessia per rispetto della privacy. Un primo appunto: nessuno si è mai preso la briga di denunciare qualcuno per aver parlato in qualche modo dell'eterosessualità di qualche personaggio, come se quasto fosse lo stato naturale e scontato. Di più, se non erro la prima condanna avvenuta fu ad un giornale che rivelò, prove alla mano, l'omosessualità di un calciatore. Il tribunale per la prima volta non volle entrare in merito del fatto che l'accusa fosse provata o meno, ma che in ogni caso l'omosessualità fosse considerata in modo negativo e che quindi, vero o non vero, nessuno aveva il diritto di fare outing a nessuno. C'è bisogno di commentare che seppur è stata una vittoria per la nostra libertà il mezzo non è stato molto onorevole, anzi, è stato proprio forse più offensivo dell'offesa stessa?
Questo comunque avveniva molto prima della legge sulla privacy. Non sono a conoscenza di casi di outing recenti in Italia e non ho nessuna intenzione di rendere Pride una cavia da esperimento (le cavie muoiono spesso durante gli esperimenti.

Fatto il doveroso preambolo vi aspettate che io, come in passato, ora mi rammarichi di non poter snocciolare nomi di cantanti, attori, stilisti, giornalisti, sportivi e chi più ne ha più ne metta. E invece no. Ho cambiato idea. Ho avuto un'illuminazione: la maggior parte di questi personaggi qui innominabili non è gay, ha solo una più o meno forte attrazione per gente dello stesso sesso. Omosessuali.
Noi invece abbiamo qualcosa in più: siamo gay. Significa che a volte abbiamo scelto un lavoro
meno redditizio pur di avere più libertà e felicità, che a volte ci siamo messi a spiegare come eravamo fatti a chi incuriosito ci chiedeva, che a volte abbiamo dovuto mandare giù la rabbia e la tristezza di insulti detti alle spalle o a mezza voce.
Il mio coming out ha ormai trent'anni di anzianità, ed effettivamente allora era solo da pazzi farlo, da pazzi, da disperati o da idealisti. O da tutti e tre. O forse da fortunati: non tutti erano nelle condizioni di poterselo permettere.
Ma oggi un cantante miliardario o un conduttore televisivo osannato dal pubblico che avrebbero da perdere? Probabilmente non è mancanza di coraggio, non è calcolo commerciale. Non fanno coming out perché probabilmente non si sentono gay. Suppongo che a loro sia concesso di sentirsi segretamente attratti da qualcosa ma non per questo debbano mettere in discussione la loro immagine pubblica. Oltre che attratti probabilmente saranno anche dei grossi consumatori di poveri amanti che pensano di essersi guadagnati con il loro silenzio una sorta di amore dal semidio di turno. Chissà (suppongo io, non sono di quel gruppo e non so che farei) come mi sentirei se fossi nei loro panni.
E magari pure loro, se fossero nei miei di panni, si vergognerebbero per la bugia dietro cui si nascondono.
Eppure la tentazione di spifferare tutti i pettegolezzi piccanti saputi in questi anni dalle comuni conoscenze è veramente forte (politicamente scorretto ma molto attraente), fare l'elenco delle preferenze sessuali di queste persone all'apparenza asessuate mi farebbe sentire forse meglio, e senz'altro sarebbe divertente, anche per chi non legge mai giornali scandalistici.
Loro non sono gay ma scopano come noi. Che restino nel loro brodo.

Anche ora sono qui a pensare come potranno fare quei disgraziati a scremare i loro amanti tra quelli che non li potranno denunciare, scoperanno tra di loro? Il principe che se la fa con lo sportivo, il cantante col giornalista, l'attore con lo stilista. Io invece sono qui con altri problemi, devo arrivare a 8000 battute, cercando di dire meno banalità possibili, mentre la mia mente è altrove. I miei pensieri sono altrove. Devo decidere che fare del mio rapporto d'amore. Sono sieropositivo, abito coi miei genitori, non ho un lavoro fisso, non riuscirei a mantenermi da solo e devo decidere se sia il caso che il mio fidanzato, che abita in un paesino del Veneto, si licenzi per trasferirsi da me. Il che comporta che debba cercarsi un lavoro, e per lui che sa lavorare in fabbrica ora non è il momento migliore. Ma siamo stufi di questi viaggi in treno tutte le settimane, ora poi hanno cambiato di nuovo orari e i treni che deve prendere sono cinque più due tratti in automobile per poter stare assieme trentanove ore. Meno di due giorni che passiamo disperatamente abbracciati a letto. Ecco, questi sono i problemi che ho in testa io, altro che procurarmi modelle con cui apparire sui giornali per costruirmi una faccia non mia. Fare i conti alla fine del mese è forse castrante ma mi pare molto umano.

Noi siamo normalissimi gay. E ci farebbe piacere che tutti quegli artisti, omosessuali nascosti, che vivono su di noi, si dichiarassero, facessero coming out. Compriamo più CD se loro sono gay dichiarati, andiamo al cinema, li seguiamo in televisione, siamo consumatori di settore e ci piacerebbe non essere solo carne da macello per le loro economie.

A volte ho il dubbio che certi coming out all'estero, come quelli dei politici inglesi o dei cantanti statunitensi, siano più dettati dalla paura di un disastroso outing che per reale desiderio di sincerità. Poi penso a certi politici gay europei, che hanno fatto carriera pur mettendo subito in chiaro le loro preferenze. Ma non do tutto il merito a loro, il merito è nelle società di cui fanno parte, che ha permesso loro di non mentire, li ha votati e non gli interessa affatto discettare sulla loro vita intima.
Ecco, questo il mio rammarico, essere in un luogo la cui cultura non permette la libertà di essere gay senza che questo diventi una caratteristica negativa, al punto che anche chi potrebbe vivere senza problemi cerca (forse nevroticamente) di nascondere la verità. Libertà, sincerità, felicità.