Correva l'anno 1965. Ero a Cagliari da meno di due anni e si potevano ancora notare le ferite della seconda guerra mondiale in gran parte della città.
Ricordo per esempio che la Via Garibaldi, pressapoco all'altezza del "Portico Romero", sul lato sinistro andando verso "Piazza Costituzione", aveva l'aspetto assai desolante di un cumulo di rovine.
Io, nonostante avessi appena 10 anni, mi sentivo sempre sconvolta alla vista di un tale raccapricciante spettacolo quando vi passavamo davanti con il filobus n.5.
Ricordo che il giorno di giovedì Santo (15 aprile) nostra madre condusse me e mio fratello alla visita delle sette chiese ed una di queste era San Domenico.
Lei mi aveva parlato lungamente della bellezza di questa chiesa in stile Gotico-Catalano,ove si recava spessissimo da giovane. In quel periodo della sua vita, infatti, abitava proprio a pochi passi dall'omonima piazza San Domenico.
Purtroppo anche questa chiesa fu distrutta dalle bombe nell'anno 1943.
In seguito (tra il 1952 e il 1954) in quell'area venne costruita una nuova chiesa moderna che però nulla aveva a che fare con la precedente struttura.
Tuttavia venne restaurata alla bell'e meglio la cripta dell'antica chiesa, che io vidi per la prima volta proprio in occasione di quella visita.
Mia madre quel giorno del 1965 cercò l'allora parroco, padre Marco, che ella conosceva molto bene, il quale ci raccontò di come nel giorno del bombardamento, cioè il 13 maggio del 1943, riuscì a salvarsi rifugiandosi sotto una delle navate scampatasi miracolosamente al crollo e di aver purtroppo assistito alla morte della perpetua che, non dandogli retta, si rifugiò a sua volta sotto un'altra navata che venne giù senza lasciarle scampo.
Entrando nella sacrestia si potevano scorgere ancora tracce dei danni subiti dalla struttura durante il bombardamento ed io sentivo crescere dentro me un forte senso di angoscia e di oppressione.
In quel periodo mio padre aveva l'abitudine, dopo pranzo, di ascoltare nel salotto della nostra casa, la terza Sinfonia op.90 di Johannes Brahms.
Pensieri cupi si aggiravano nella sua testa, evidentemente, perchè io me ne ero accorta dal suo sguardo , anche se lui aveva l'abitudine di non parlare con noi delle sue preoccupazioni.
In particolare il "Poco allegretto" che è il terzo movimento di quella Sinfonia e il Finale (Allegro), che però di allegro ha veramente molto poco, oltre che l'andamento, gli mettevano addosso una profonda malinconia.
Naturalmente tutto questo suo stato d'animo e soprattutto, forse, l'ossessivo ascolto tutti i pomeriggi dello stesso brano, mi trasmisero un senso di angoscia che però all'età di 10 anni io non sapevo ancora ben definire.
E così mentre visitavo quella che era stata una delle più belle chiese di Cagliari e sentivo raccontare da padre Marco la storia inquietante della sua distruzione, mi rimbombava nelle orecchie a mò di colonna sonora, il cupo e a tratti desolante motivo del Finale della "Terza" di Brahms....era come se associassi quel tema a tratti incalzante, a tratti rassegnato,a tratti disperato, a tratti fortemente sincopato (una prerogativa della musica di Brahms che io adoro all'infinito) con le immagini della guerra, il sibilo delle bombe, il boato assordante, le urla della gente ed i corpi straziati sotto le macerie, ad un punto tale che dentro la mia testa le note di quel brano si erano tradotte in quelle immagini e quelle immagini, in note.
Solo alla fine dell'ultimo movimento della Sinfonia si apre un barlume nella tonalità di Fa Maggiore (la tonalità della Sinfonia, ma non dell'allegro finale che va avanti per lungo tempo in fa minore) e là sembra veramente di scorgere un gruppo di fedeli raccolti in preghiera al luccichio tremolante delle candele, fino al ritorno commovente del tema di apertura del primo movimento, tema che Brahms molto probabilmente prese in prestito da Robert Schumann (primo movimento della Sinfonia "Renana" n.3 op.97), come omaggio o forse come ricordo del carissimo amico scomparso molti anni prima, ma mai dimenticato.
L'attuale chiesa di San Domenico, molto bella sicuramente, ma molto fredda d'inverno e calda d'estate, è praticamente sempre chiusa, mentre tutti i riti (della domenica e non solo) vengono regolarmente officiati proprio nella cripta restaurata e, nonostante ben poco sia rimasto di quella che era la chiesa originale, in essa regna un profondo senso di pace e di serenità, sicuramente dovuto anche in gran parte alla presenza solare e confortante, alla dolcezza ed all' impegno instancabile dei padri Domenicani che attualmente la gestiscono.
La mia anima è ancora tormentata da ricordi e da presagi oscuri ed il recarmi in quel luogo di preghiera (troppo poco, purtroppo!) è forse l'unico antidoto a questo mio continuo, ossessionante (e forse inutile) vagare alla ricerca di non so bene che cosa...........

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