La terapia non è una cura
di Pigi Mazzoli
pigi.mazzoli@libero.it
(pubblicato in "Pride", maggio 2010)

"La terapia non è una cura" lo dice una delle persone intervistate nel documentario "Il sesso confuso - Racconti di mondi nell'era Aids" da Andrea Adriatico e Giulio Maria Corbelli (ne trovate una recensione nel numero di aprile di Pride). Nell'attesa di vederlo al cinema ho visto il trailer in internet. In italiano "cura" e "terapia" sono quasi sinonimi, ma chi ha l'Hiv "prende la terapia" e sa che questo significa ingoiare pillole che non finiscono mai, e la parola "cura" non la pronuncia mai, lasciandola nelle utopie lontane come la pace, la giustizia… Quella frase vuole dire che dall'Hiv non si guarisce e che il silenzio calato su questa infezione porta a una cattiva informazione, a sottovalutare il danno, che si traduce in minore prevenzione.
Non aspettiamoci che siano le istituzioni a muoversi, per favorire conoscenza e prevenzione. L'unica volta che hanno parlato di noi i politici questo mese è stato per togliere il patrocinio (per altro mai chiesto e mai dato) al Pride di Torino: è stato il leghista Roberto Cota, appena eletto Presidente della Regione Piemonte.
Qui a Milano il vice sindaco De Corato dice che è "necessario regolamentare i circoli privati" perché se basta fare la tessera per entrare allora non sono privati (e quindi tutto ciò che accade dentro può rientrare negli atti osceni in luogo pubblico). Per le sue retate si porta dietro "gli agenti della Sezione Annonaria e Commerciale" perché sa che nulla potrebbe fare, se non far elevare multe per errori amministrativi pur di perseguitare persone che non hanno le stesse sue idee sulla sessualità. Uguale discorso sulle multe alle prostitute per strada, non potendo sanzionare la prostituzione direttamente, non essendo un reato, si creano regolamenti che aggirino le leggi.
Pensate ancora che chi ci sta governando abbia interesse a pubblicizzare l'uso del preservativo e tenga alla nostra salute?
Anche a Roma una farmacia si rifiuta di vendere i preservativi, per motivi religiosi. Ma i preservativi sono anche un presidio indispensabile per evitare una lunga serie di infezioni, non sono solo un anticoncezionale, proprio per motivi religiosi dovrebbero essere pronti a venderli 24 ore su 24. Perché è vero che ormai si comprano al supermercato, dove costano anche meno, ma se mi servono alle 2 di notte li devo poter comprare in farmacia, loro hanno in cambio la vendita in esclusiva dei farmaci e con questo commercio fanno guadagni altissimi. Cedano ad altri la licenza e vendano santini con stampate preghiere taumaturgiche, se vogliono imporci la loro visione etica del sesso.
Scusate se ancora una volta vi ho ammorbato con pensieri tristi.
Gioite, fate sesso, amate! Ma fate attenzione, usate il preservativo. Attenti a restare sani. C'è omofobia in giro, ed essere gay ed ammalati è ancora peggio, non è una vita facile. Sempre dal documentario "Il sesso confuso" trascrivo un'intervista fatta in classe ad una studentessa liceale: "…però ad esempio le persone che… sono ad esempio omosessuali forse se lo sono un po' procurati, quindi forse lì, starei un po' più, cioè, diciamo che ce l'avrei un po' più contro di loro perché alla fine se lo sono cercati…". Non penso avrà mai il coraggio di dirlo in faccia a chi, come me, è sieropositivo. Tacerà, ma solo per delicatezza, perché della giustezza del suo pensiero è certa.
Rende l'idea di cosa c'è là fuori? C'è una parte di società là fuori che ancora associa l'omosessualità al peccato, e il peccato alla colpa. Lo fa per fede religiosa, lo fa per ignoranza, per chiusura culturale, per rispettare le proprie radici cristiane, o lo fa perché è gay e non si accetta. Comunque lo fa e finché sarà al potere dobbiamo ancor più aiutarci fra di noi. Nelle relazioni sociali, umane, amorose, aiutando chi è in difficoltà, permettendo a chi è sieropositivo di poterlo dire e vivere la malattia meno drammaticamente.
Aiutiamoci fra di noi, anche restando sani se ancora lo siamo. Dando un aiuto concreto a chi ne ha bisogno, anche se non lo chiede. Essere gay non significa solo avere discoteche, saune, spiagge e look dedicati ed esclusivi. Può significare di più, può voler dire far parte di una società migliore, attenta, solidale, generosa. Lasciamo che l'odio degli omofobi si trasformi in invidia prima, e ammirazione dopo, per quanto siamo coesi, soccorrevoli e pieni di amore. Lasciamo che il clichè della finocchia acida e perfida resti confinato in vecchie vignette un po' demode.